Ricostruire il rapporto di fiducia e comunicazione tra sistema sanitario e cittadini, valorizzando la trasparenza come strumento di miglioramento continuo delle cure e per arginare fenomeni incontrollati come la medicina difensiva. Questo è il messaggio che emerge dal convegno nazionale, “Luci e Ombre nell’applicazione della Legge Gelli-Bianco: partiamo dai numeri” organizzato dalla Fondazione Sanità Responsabile lo scorso 4 dicembre a Roma. Punto di partenza dell’evento è stata la ricerca realizzata dalla Fondazione in collaborazione con l’Università degli Studi de L’Aquila, che ha analizzato gli adempimenti delle strutture sanitarie pubbliche in termini di trasparenza come previsto dalla Legge Gelli-Bianco (24/2017).
I lavori, articolati in tre panel dedicati a responsabilità sanitaria, trasparenza e costi, hanno coinvolto esperti di rilievo nel settore, con l’obiettivo di promuovere una cultura della responsabilità sistemica piuttosto che individuale.
L’evento è stato patrocinato dalla Società Italiana di Medicina Legale delle Assicurazioni (SIMLA), dalla Federazione Nazionale dei Medici e Chirurghi (FNOMCeO) e dalla Fondazione ENPAM; quest’ultima è stata anche sede dell’evento: un luogo simbolico che celebra la storia e il ruolo dei professionisti della salute.
A introdurre i lavori è stato Gabriele Chiarini, Presidente della Fondazione, che ha sottolineato la profonda crisi nel rapporto medico-paziente, evidenziando come la rottura del dialogo rappresenti spesso l’origine del contenzioso. Nel corso del suo intervento, Chiarini ha denunciato l’impatto significativo della cosiddetta “medicina difensiva”, stimando uno spreco di risorse pari a 10-12 miliardi di euro annui, circa il 10% dell’intera spesa sanitaria pubblica: “Se noi sprechiamo inutilmente il dieci per cento della spesa sanitaria pubblica in atti di medicina difensiva, inutili se non dannosi per il sistema, e anche per il paziente, lo facciamo per reagire come contromisura al timore della responsabilità e quindi dell’impatto risarcitorio. Non abbiamo capito che stiamo spendendo dieci volte di più di quello che in realtà vorremmo risparmiare. Ecco perché abbiamo bisogno di dati per capire questo fenomeno, ecco il perché di questa ricerca”.
Il Presidente della Fondazione Enpam, Alberto Oliveti, ha offerto un’analisi profonda e provocatoria sul ruolo sociale dei medici, ponendo l’accento su un cambiamento generazionale cruciale: “Abbiamo una Costituzione che vede la Repubblica fondata sul lavoro e che nel lavoro identifica la possibilità di realizzare la propria personalità – ha sottolineato – eppure, oggi sembra che i giovani vedano il lavoro come una strettoia obbligata da percorrere in maniera impeccabile, quasi solo per realizzare la propria vita“. Un suggestivo passaggio del suo intervento riguarda proprio la necessità di un dialogo intergenerazionale: “Il concetto di responsabilità e di colpa professionale passa anche attraverso questa definizione dei ruoli tra generazioni“.
La ricerca sulla trasparenza delle strutture sanitarie
Il Professor Vincenzo Antonelli, docente di Diritto Amministrativo dell’Università dell’Aquila, e coordinatore del comitato scientifico della Fondazione, ha presentato i risultati della ricerca. A sette anni dall’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco (la n. 24 del 2017), Antonelli ha sottolineato l’importanza di “fare chiarezza” su un tema spesso sottovalutato. “Non può esserci sicurezza senza trasparenza“, ha affermato, evidenziando come la trasparenza permetta “un controllo democratico sull’attività medica“.
La ricerca, condotta nei primi tre mesi del 2024 ha analizzato l’accessibilità dei dati nei siti delle strutture sanitarie. “Quella che presentiamo è una ricerca in progress“, ha precisato Antonelli, annunciando che i dati raccolti saranno pubblicati integralmente per consentire “integrazioni, correzioni e miglioramenti” attraverso un confronto aperto con società civile, cittadini e istituzioni.
Lo studio ha analizzato 97 strutture sanitarie su scala nazionale, con un focus particolare su tre aree chiave: il numero di sinistri liquidati, gli importi dei risarcimenti e le relazioni annuali sugli eventi avversi.
“Abbiamo condotto un’analisi desk, simulando l’esperienza di un cittadino medio che cerca informazioni sui siti delle strutture sanitarie. Questo ci ha permesso di valutare la trasparenza delle strutture rispetto agli obblighi previsti dalla legge.” L’analisi ha coperto il periodo dal 2017 al 2023 e si è concentrata sulle principali aziende ospedaliere pubbliche.
Tra i risultati principali, emerge che meno della metà delle strutture analizzate (circa il 50%) pubblichi le relazioni annuali previste dalla legge. “Questo dato è allarmante,” ha dichiarato Antonelli, “perché significa che i cittadini e la società dispongono di un quadro incompleto per comprendere l’effettiva applicazione della legge Gelli-Bianco.“
Parlando del quinquennio centrale dell’analisi, dal 2018 al 2022, ha evidenziato: “La media annuale dei sinistri liquidati per le 97 strutture analizzate è di 840. Dividendo per struttura, otteniamo un numero che è rilevante nel dibattito sulla responsabilità medica.”
Antonelli ha inoltre riflettuto sul tema del percepito rispetto al reale: “Gran parte del dibattito sulla responsabilità medica si muove tra il percepito e il reale. Questo non riguarda solo la sanità, ma anche temi come la sicurezza e l’economia. Spesso percepiamo alcune strutture come insicure, ma i numeri ci dicono il contrario. È un messaggio positivo: viviamo in un sistema sanitario che, dati alla mano, risulta generalmente sicuro e ben funzionante.”
Infine, analizzando l’impatto economico, ha spiegato: “Nel 2019 e nel 2022 abbiamo registrato punte di risarcimenti che hanno raggiunto i 170 milioni di euro. Questi dati, tuttavia, dimostrano come le strutture abbiano saputo operare bene, anche durante la crisi sanitaria del COVID.”
Il Professor Antonelli ha concluso esortando a rendere i dati accessibili e comprensibili per tutti: “Non basta pubblicare informazioni. Serve che queste siano comprensibili, soprattutto considerando il digital divide che colpisce molti utenti, in particolare gli anziani.”
Come incide la mancanza di trasparenza sulla responsabilità sanitaria
Nel corso del primo panel, Alberto Michele Cisterna, Magistrato, Presidente della Tredicesima Sezione Civile presso il Tribunale di Roma, ha offerto un’interessante panoramica sul tema della trasparenza e della responsabilità medica, con una piccola provocazione: “C’è stato un periodo in cui ognuno di noi camminava con una targhetta del gruppo sanguigno e qualche numero di riferimento. Io, invece, aggiungerei una scheda per indicare dove non portarmi in caso di emergenza!”.
Riferendosi alle differenze tra strutture sanitarie, ha osservato: “Il panorama è a macchia di leopardo: ci sono strutture efficienti con bassa incidenza di contenziosi, e altre dove il numero di cause è elevatissimo. Questo riflette anche processi di selezione del personale che rendono alcune strutture più attrattive per i migliori, mentre altre raccolgono ciò che rimane”.
E ha concluso: “La legge Gelli ha spostato la responsabilità civile verso le strutture, sollevando i medici nella maggior parte dei casi. È un sistema che funziona, ma dobbiamo interrogarci su come migliorare la trasparenza e garantire ai cittadini le informazioni necessarie per scegliere con consapevolezza.”
La collega Stefania Tassone, Magistrato, Consigliere della Terza Sezione Civile presso la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito il ruolo centrale del consenso informato come pilastro del rapporto tra medico e paziente: “La mancanza di informazione rappresenta un evento avverso a sé stante. Non si tratta solo di esiti infausti, ma di una lesione alla libertà del paziente di disporre di sé stesso, che genera una sofferenza soggettiva e un danno morale.”
In merito alla documentazione sanitaria, ha sottolineato l’importanza di una gestione corretta e completa: “Quando i documenti clinici sono omessi o incompleti, soprattutto nei momenti chiave di un intervento, questo non gioca a favore della struttura sanitaria. La Cassazione considera la mancanza di documentazione come una presunzione di responsabilità. La Corte UE sta delineando nuovi scenari sul risarcimento dei danni morali legati alla gestione dei dati personali. È un tema che si intreccia con la trasparenza e la comunicazione e che richiederà ulteriori approfondimenti.“
Filippo Anelli, presidente della FNOMCEO ha evidenziato il ruolo cruciale della comunicazione come pilastro della professione medica, accanto alle competenze tecniche: “Senza comunicazione non c’è vera cura. Il rapporto medico-paziente è la parte più nobile della nostra professione. Altrimenti, saremmo tutti qui a delegare la cura a un computer o agli algoritmi dell’intelligenza artificiale.“
Riguardo alla trasparenza, ha dichiarato: “Non solo permette al cittadino di conoscere, ma migliora anche l’efficienza e l’autovalutazione del sistema. È un processo democratico, dove i medici contribuiscono a rendere esigibile il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.“
Concludendo, ha osservato: “I medici in Italia lavorano bene, e i dati lo confermano. È corretto che chi subisce un danno riceva il giusto riconoscimento, ma dobbiamo anche andare verso una depenalizzazione dell’atto medico per creare un ambiente professionale più sereno e responsabile.“
In conclusione, del primo panel, il dottor Lucio Di Mauro, Segretario SIMLA, riguardo alla trasparenza e alla responsabilità gestionale, ha sollevato questioni sulla nomina dei direttori generali, evidenziando criticità nel decreto legislativo del 2015. “Si può diventare direttore generale con un punteggio da 70 a 100, ma l’albo viene messo in ordine alfabetico senza il punteggio“, ha spiegato, sottolineando come questo sistema possa compromettere la meritocrazia.
Sul tema della medicina difensiva, il relatore ha proposto una riflessione più ampia: “Se pur dieci vite in via incidentale fossero state salvate, magari anche solo quella di un bambino, perché non dovevamo fare quell’esame e invece l’abbiamo fatto… ci sono soldi che possono essere paragonati alle vite?”.
In conclusione, Di Mauro ha proposto l’istituzione di un fondo di riserva per i sinistri: “Su circa 680 milioni di prestazioni con ticket, basterebbe mettere un euro a prestazione“, suggerendo anche una possibile compartecipazione del comparto assicurativo per i sinistri più gravi. Una proposta che ha suscitato dibattito, in particolare riguardo alla questione se sia giusto che i cittadini contribuiscano attraverso il ticket al fondo per gli errori medici.
Lo sguardo dei pazienti
Isabella Mori, responsabile dell’area tutela di Cittadinanzattiva, ha offerto un intervento che ha intrecciato il tema della trasparenza con l’esperienza diretta dei cittadini e l’attività della sua associazione: “Benché siano oltre dieci anni che esiste l’obbligo di pubblicazione delle informazioni, riscontriamo una totale disomogeneità nei dati e spesso l’assenza di trasparenza. Abbiamo effettuato circa diecimila richieste di accesso agli atti, ma il cittadino medio si trova davanti a documenti incomprensibili o informazioni inaccessibili“.
La responsabile di Cittadinanzattiva ha sottolineato l’importanza di rendere i dati sanitari chiari e fruibili: “Non basta pubblicarli: devono essere leggibili e utili per il cittadino. È fondamentale sapere quali errori sono stati commessi, se sono stati risarciti e come. La trasparenza permette ai cittadini di scegliere con maggiore consapevolezza. Spesso ci troviamo di fronte a cartelle cliniche incomplete. A volte è malafede, altre volte è disorganizzazione. Ma questa lacuna ha conseguenze gravi per il cittadino, sia in termini di trasparenza sia di fiducia.”
Concludendo, ha proposto azioni più incisive per promuovere la trasparenza e il controllo: “Il cittadino deve poter accedere facilmente alle informazioni senza dover affrontare cause legali. Serve un maggior rigore nelle regole e, soprattutto, un cambiamento culturale per migliorare l’organizzazione e l’informazione del sistema sanitario.”
La trasparenza è un diritto, non un semplice interesse
Pasquale Giuseppe Macrì, direttore del Centro Clinico del Rischio Clinico Regionale della Toscana, ha condiviso una riflessione approfondita sulla relazione di cura e sull’importanza della trasparenza nel sistema sanitario, evidenziando aspetti pratici e concettuali: “In Toscana abbiamo dimostrato che è possibile gestire i dati in modo efficace: ogni anno verifichiamo i flussi, produciamo relazioni e, se necessario, portiamo i risultati in commissione. Ma il problema non è la mancanza di norme, quanto la mancanza di cultura.”
Macrì ha esplorato il concetto di diritto, distinguendolo dall’interesse legittimo: “La trasparenza non può essere vista solo come un interesse generale, ma come un diritto. E il diritto implica una pretesa e, in caso di violazione, una punizione. Non possiamo limitarci a sanzioni leggere: chi lede i diritti compromette la libertà e la dignità delle persone.”
Riguardo alla relazione di cura, ha sottolineato la sua trasformazione nel tempo: “Non è più un rapporto medico-paziente, ma una relazione allargata che include un’équipe sanitaria interdisciplinare e i caregiver del paziente. Tuttavia, senza una buona organizzazione, nemmeno la migliore équipe può funzionare.”
Macrì ha evidenziato come il consenso e la fiducia siano centrali nelle relazioni umane e, quindi, anche nella sanità: “La relazione di cura è fondata sulla fiducia, sul consenso e sulla conoscenza. Ma queste fondamenta non bastano senza un management che garantisca organizzazione e formazione”.
Concludendo, ha richiamato l’attenzione sulle responsabilità dei direttori generali e sul rischio di deleghe inappropriate: “Non possiamo continuare a delegare tutto ai professionisti sanitari, sottraendo loro tempo prezioso per la cura primaria. La trasparenza e la gestione organizzativa devono partire dai vertici.”
E la fiducia non è solo un principio, ma un obbligo
Vittorio Scaffa, funzionario ANAC, ha affrontato il tema della trasparenza con uno sguardo critico e tecnico, sottolineando le lacune strutturali e culturali del sistema. E iniziando con una provocazione: “La fiducia non è solo un principio, è un obbligo. Tanto che il legislatore l’ha dovuta scrivere nei primi articoli del codice dei contratti pubblici.”
Scaffa ha evidenziato la complessità normativa e l’inefficacia di molte disposizioni: “Non serve scrivere nuove norme, serve manutenzione. Abbiamo un codice della trasparenza, ma gli obblighi di pubblicazione sono spesso gestiti in modo confuso. I dati sono dispersi e, a volte, inutilmente complicati.”
Un problema chiave emerso è la mancanza di un’autorità di garanzia per il FOIA (Freedom of Information Act) introdotto con il decreto legislativo n. 97 del 2016 e con cui l’ordinamento italiano riconosce la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale: “Se una struttura sanitaria ignora una richiesta di accesso ai dati, il cittadino deve affrontare un lungo iter legale, passando per TAR e Consiglio di Stato. Non c’è un’ANAC che possa intervenire direttamente.”
Riguardo alla trasparenza proattiva, ha osservato: “Pubblicare troppi dati senza organizzazione crea opacità, non trasparenza. Il cittadino si perde in un mare di informazioni inutili.” Scaffa ha anche toccato il problema dei molteplici piani e responsabilità nelle amministrazioni pubbliche: “Abbiamo piani per tutto: formazione, performance, trasparenza, anticorruzione. Ma chi coordina tutto questo? Il responsabile della trasparenza è spesso un vaso di coccio tra i vasi di ferro di ANAC e del direttore generale.”
Scaffa ha infine richiamato l’attenzione sulla necessità di un regolamento in materia di sanzioni per la trasparenza, bloccato dal 2019: “Sono passati cinque anni e ancora aspettiamo. È il momento di ‘sistemare il sistema’ e garantire una trasparenza reale, non solo formale.”
Gli eventi avversi costano più dei risarcimenti
Riccardo Tartaglia, Professore Straordinario di Risk Management presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, ha concentrato il suo intervento sull’importanza della sicurezza e della qualità delle cure, richiamando l’attenzione sull’impatto della legge Gelli-Bianco e sulle sfide ancora da affrontare. “Questa legge ha dato valore alla sicurezza delle cure. A livello internazionale è apprezzata soprattutto nella sua prima parte, quella che riguarda l’organizzazione, le linee guida e la gestione del rischio clinico. Ma è una legge nata con la clausola dell’invarianza finanziaria, e senza un budget adeguato è difficile costituire i centri per la gestione del rischio clinico nelle aziende sanitarie.”
Riguardo agli eventi avversi, ha fornito dati significativi: “In Toscana, il costo degli eventi avversi, solo per il prolungamento della degenza, ammonta a circa 125 milioni di euro l’anno, più del doppio rispetto al costo dei risarcimenti.” Ha inoltre sottolineato come il 50% di questi eventi avversi sia prevedibile, il che rende ancora più urgente un intervento organizzativo.
Un aspetto cruciale toccato è il coinvolgimento dei pazienti: “Molto dipende da uno scarso coinvolgimento dei pazienti nel processo di cura. In molti paesi, i pazienti e i familiari possono accedere quotidianamente alle cartelle cliniche, un modello che dovremmo adottare anche noi.”
Tartaglia ha anche parlato del peso della cultura organizzativa: “Bisogna cambiare l’atteggiamento culturale. Le cose devono essere fatte non per paura delle conseguenze legali, ma perché è così che si lavora bene.”
La Legge Gelli ha avuto un grande impatto sul mondo assicurativo
Il Dottor Steffano, Presidente di Assimedici, ha aperto il suo intervento riflettendo sull’impatto della Legge Gelli-Bianco, sottolineando: “Abbiamo aspettato sette anni per avere dati fermi. Questa legge, nel bene e nel male, ha portato grandi cambiamenti e aspettative, e ha chiarito quali meccanismi di garanzia obbligatori devono essere predisposti, sia per la copertura assicurativa sia per misure analoghe.”
Riguardo al mercato assicurativo, ha condiviso alcuni dati significativi: “Dal 2011 al 2022 il mercato delle polizze sanitarie ha visto una flessione fino al 2017 e poi una ripresa. Per esempio, le strutture sanitarie pubbliche hanno perso il 46% delle coperture assicurative, ma le strutture private hanno registrato un aumento degli assicurati del 71% e una crescita dei premi raccolti del 42%.”
Il Presidente ha evidenziato come i professionisti sanitari abbiano scelto di orientarsi verso il mercato assicurativo non solo per obbligo, ma anche per trasferire e condividere i rischi: “Tra il 2011 e il 2022 c’è stato un incremento del 98% dei sanitari assicurati, con una crescita dei premi del 57%. Questi dati ci dicono che la legge ha influenzato profondamente il settore.”
Sul tema della trasparenza, Steffano ha poi proposto miglioramenti nell’approccio ai dati: “Oltre ai dati obbligatori previsti dalla legge, è necessario aggiungere informazioni facoltative, ma indispensabili per un livello minimo di trasparenza e per tutelare la reputazione delle strutture e del sistema sanitario.”
“Mi domando, di fronte a tutta questa trasparenza, il cittadino che possibilità di scelta ha?”, ha esordito l’avvocato Marco Bona, sottolineando come spesso il paziente non abbia reali alternative, specialmente in alcune regioni.
Un punto centrale riguarda la raccolta dati nel settore sanitario. È stata evidenziata la scomparsa della Commissione tecnica sul rischio clinico, istituita dal Ministero della Salute nel 2003, con la conseguente interruzione di un importante flusso informativo. “Chi sta raccogliendo i dati adesso? Nessuno”, ha sottolineato il relatore.
Particolare preoccupazione destano le infezioni ospedaliere, i cui numeri sono rimasti invariati negli ultimi vent’anni. A questo si aggiunge una politica di tagli che ha portato alla soppressione di 32.500 posti letto tra il 2019 e il 2022, creando un terreno fertile per nuovi casi di responsabilità medica.
Bona ha poi affrontato il tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata in sanità, degli appalti truccati e dei fenomeni corruttivi, sottolineando come questi aspetti vadano considerati nell’analisi complessiva del sistema. “I sanitari sono i primi a rimetterci“, ha evidenziato, citando numerosi casi di mobbing con impatti significativi sulla gestione interna.
Riguardo alla medicina difensiva, è stata proposta una lettura alternativa al tradizionale schema “responsabilità medica – medicina difensiva – incremento costi”. “Bisognerebbe risalire un attimo indietro“, ha suggerito il relatore, proponendo invece la sequenza “no prevenzione – più tagli – responsabilità medica e medicina difensiva – incremento costi“.
In conclusione, è stata messa in discussione l’efficacia della legge Gelli-Bianco e del sistema assicurativo attuale. Bona ha proposto di guardare al modello inglese dell’NHS, dove la gestione del contenzioso è centralizzata: “Dovrebbe essere un sistema statale che interviene e gestisce i casi di responsabilità medica. Sarebbe un sistema efficiente e molto meno costoso che pagare questa o quella compagnia assicuratrice“.
Dare un senso al consenso informato
Maurizio Hazan, Avvocato e Presidente Fondazione Italia in Salute ha avviato il suo intervento sottolineando l’importanza della comunicazione nella relazione medico-paziente: “Il consenso informato non può essere inteso solo in chiave difensiva o precauzionale. Deve essere un momento di dialogo, il primo passo per costruire una vera relazione di cura, basata sulla fiducia. Questo è particolarmente difficile in un contesto dove dominano la fretta e la mancanza di risorse.”
Hazan ha richiamato l’attenzione sull’esigenza di un linguaggio comune tra i diversi attori del sistema sanitario: “I magistrati, i giuristi, i medici e gli avvocati spesso parlano linguaggi diversi. Trovare punti di contatto e semplificare il dialogo è fondamentale.”
Raccontando un’esperienza personale, ha evidenziato il potere della comunicazione empatica: “Un medico che ha commesso un errore si è scusato sinceramente con me. Questo ha completamente cambiato il mio atteggiamento. La comunicazione, anche in situazioni difficili, può prevenire conflitti e costruire alleanze.”
Hazan ha ribadito il valore del dovere di sicurezza: “Il sistema sanitario deve puntare a ridurre i rischi, non solo per difendersi, ma per creare un ambiente sicuro. Questo richiede una cooperazione tra tutti gli attori, inclusi i pazienti, che devono essere parte attiva e responsabile del processo.”
Un punto chiave del discorso è stato il fondo per indennizzi: “Un fondo pubblico-privato potrebbe essere una soluzione per gestire i danni difficilmente sostenibili dal sistema sanitario. In Francia, ad esempio, per le infezioni nosocomiali si parla di indennizzi in una logica di rischio endemico, salvo provata negligenza.”
Hazan ha messo in luce la necessità di una maggiore collaborazione tra assicurazioni e strutture sanitarie: “Le assicurazioni devono valutare i rischi in modo più preciso e riconoscere le strutture virtuose. Dall’altro lato, le strutture devono adottare misure organizzative più solide e trasparenti.”
Ha concluso con un messaggio di responsabilità e ottimismo, riguardo lo stesso nome di Fondazione Sanità Responsabile: “Sanità Responsabile è un nome che rappresenta un messaggio positivo e importante. Tutti gli attori devono collaborare per costruire un sistema sicuro, equo e sostenibile.”
Come bilanciare i diritti dei pazienti con la sostenibilità del SSN
Le conclusioni della giornata sono state affidate al dottor Franco Marozzi, Vice Presidente SIMLA e Presidente del Comitato Scientifico di Fondazione Sanità Responsabile: “Ci dobbiamo o no preoccupare del costo dei sinistri sanità?” ha esordito Marozzi, evidenziando come la questione rappresenti un equilibrio fondamentale tra diritti e sostenibilità. Il relatore ha sottolineato come questo bilanciamento sia stato oggetto di pronunciamenti della Corte Costituzionale italiana, che ha stabilito un legame inscindibile tra i diritti degli utenti e le responsabilità necessarie per garantire la sostenibilità del sistema.
Secondo quanto emerso dall’analisi dei dati della Fondazione Sanità Responsabile, i costi dei sinistri risultano essere relativamente contenuti. “Lo sapevamo già,” ha commentato Marozzi, “ma bisogna valutare le riserve e analizzare in modo più approfondito le problematiche reali.“. Un punto cruciale dell’intervento ha riguardato quella che Marozzi ha definito una “fake news” che alimenta nei professionisti sanitari una percezione di assedio. “Sembra che i medici siano assediati dai pazienti,” ha osservato, sottolineando come questa narrativa contribuisca ad aumentare il conflitto tra medici e pazienti.
Particolare attenzione è stata dedicata all’inefficienza del sistema del contenzioso. Marozzi ha evidenziato una significativa anomalia: “Che senso hanno le cause se i due terzi delle ATP vengono vinte dalla parte attrice?” Questa situazione, secondo il relatore, rappresenta una chiara disfunzionalità del sistema e comporta un considerevole spreco di denaro pubblico.
Marozzi ha evidenziato la necessità di un approccio sistemico alla questione, lamentando l’assenza di un confronto diretto tra medicina legale e clinici. “Noi siamo sempre i cattivi. Non è vero che siamo cattivi, è che ci disegnano così,” ha concluso, sottolineando l’importanza di un dialogo più costruttivo tra tutte le parti coinvolte.
Il convegno si è concluso con un invito a mantenere un approccio pragmatico e basato su dati reali e verificati, nell’ottica di un miglioramento continuo del sistema sanitario nel suo complesso.